Ok, lo so: sto facendo indigestione di cultura giapponese. Ma che ci posso fare se sono così avanti? Ogni volta che scopro una loro usanza penso “questa è geniale”. E questa volta si parla addirittura di pianti programmati. Sì, hai letto bene: in Giappone esistono i Crying Cafè, locali dove puoi entrare, ordinare un cocktail e… piangere.
Nel Paese del self-control per eccellenza, dove la vita scorre tra treni puntualissimi e sorrisi impeccabili, stanno nascendo spazi dedicati a chi sente la voglia di piangere e non vuole più reprimere le emozioni. Una sorta di rivoluzione silenziosa che trasforma le lacrime in un rito collettivo, lontano dai giudizi. E mentre noi cerchiamo di controllare le emozioni fino a soffocarle, loro aprono caffè a tema per insegnarci che piangere è normale, anzi necessario.
Crying Cafè: dove il pianto diventa un rituale
L’unica regola per sedersi a un Crying Cafè? Ordinare da bere. Poi puoi lasciarti andare a un vero pianto liberatorio circondata da persone che fanno lo stesso. Questi locali, segnalati perfino sulle guide gastronomiche, offrono luci soffuse, fazzoletti, film strappalacrime e perfino “ikemeso danshi”, giovani uomini che con discrezione porgono un fazzoletto o una parola di conforto.
L’idea nasce dalla pratica giapponese del rui katsu – “ricerca delle lacrime” – una sessione di pianto guidato che mira a sciogliere tensioni e scacciare la negatività. Alcuni hotel di Tokyo hanno addirittura allestito stanze del pianto, complete di manga tristi, lenzuola calde e kit struccante. In un Paese dove l’autocontrollo emotivo è una virtù, questi luoghi rappresentano un modo concreto per dare spazio a sentimenti che altrimenti resterebbero nascosti.
Il rapporto dei giapponesi con le emozioni

Per capire perché i Crying Cafè stanno spopolando bisogna guardare alla cultura giapponese. In Giappone le interazioni sociali sono guidate da concetti come tatemae 建前(ciò che si mostra) e hon’ne 本音 (ciò che si sente davvero). Il risultato? Una distanza costante tra volto pubblico e vita privata. Saluti misurati, inchini calibrati, un forte senso di gerarchia: tutto spinge a un controllo delle emozioni che può diventare soffocante.
Questi caffè offrono quindi un contro-spazio, un luogo in cui la vulnerabilità è non solo ammessa ma incoraggiata. È un invito a vivere le emozioni senza paura, a ricordare che piangere non significa essere deboli ma semplicemente umani.
I benefici del pianto liberatorio
La scienza conferma quello che l’educazione alle emozioni insegna da anni: piangere fa bene. Secondo Harvard Health, un pianto emotivo rilascia ossitocina ed endorfine, abbassando i livelli di cortisolo e riducendo lo stress. Dopo una sessione di lacrime, nove persone su dieci dichiarano di sentirsi meglio, più leggere, come se il corpo avesse eliminato tossine emotive insieme alle lacrime.
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Il pianto liberatorio non è solo sfogo: è un atto di riequilibrio che aiuta a elaborare tristezza, frustrazione e perfino rabbia. Chi si concede questo spazio sperimenta un netto miglioramento dell’umore e una maggiore chiarezza mentale, due elementi fondamentali per imparare a gestire le emozioni.
Cosa succede quando soffochiamo le emozioni?
All’opposto, soffocare le emozioni ha conseguenze importanti. La repressione delle emozioni può portare a tensione cronica, disturbi del sonno, ansia e perfino problemi cardiovascolari. La psicologia spiega che negare la tristezza o la rabbia non le elimina: le spinge nel corpo, dove diventano sintomi fisici e comportamenti disfunzionali.

In questo senso i Crying Cafè non sono solo un trend curioso ma un vero strumento di prevenzione. Offrono uno spazio sicuro dove praticare quella che potremmo definire una “manutenzione emotiva”, evitando che le emozioni non espresse si trasformino in blocchi difficili da sciogliere.
Emozioni nel mondo: chi piange di più?
Il rapporto con le lacrime cambia da cultura a cultura. Studi internazionali mostrano che i bambini di Regno Unito, Canada e Italia piangono più spesso, mentre in Danimarca, Germania e Giappone il pianto è meno frequente, segno di un maggiore controllo delle emozioni. In America Latina, invece, le manifestazioni affettive sono più aperte e il pianto è accettato come parte naturale della vita.
Queste differenze non sono solo statistiche: riflettono modelli educativi e sociali che determinano quanto ci sentiamo liberi di mostrare vulnerabilità. Ecco perché la nascita di Crying Cafè in un Paese tradizionalmente riservato come il Giappone rappresenta un piccolo ma potente cambio di paradigma.
Che si tratti di un Crying Cafè a Tokyo o di una serata tra amiche, il messaggio è chiaro: liberare le emozioni non è un lusso, è una necessità. Piangere non ti rende fragile, ti rende autentica. In un mondo che ci chiede continuamente di essere performanti e sorridenti, concedersi una pausa per piangere è un atto di coraggio e di amore verso se stesse.
La prossima volta che senti la voglia di piangere, non reprimerla. Magari non hai un bar con l’“ikemeso” a portata di mano, ma puoi sempre ritagliarti il tuo personale angolo di silenzio. Perché, come insegna la saggezza giapponese, a volte è proprio nello spazio delle lacrime che ritroviamo la forza di ricominciare.

